giovedì 8 marzo 2012

Intervista a Mauro Ermanno Giovanardi


Intervista a Mauro Ermanno Giovanardi (ex La Crus), per gli amici Joe, per FreakOut.

Breve premessa: da fan della prima ora dei La Crus, l’idea di intervistare Mauro Ermanno Giovanardi (che del suddetto gruppo era la voce), mi ha messo in una condizione di 'un faccia a faccia' molto emotivo, in quanto è un' artista che ha cresciuto una generazione intera di appassionati del miglior rock d'autore italiano, tra molti anche la sottoscritta. 
Poi si scopre che in realtà Mauro Ermanno (per gli amici Joe) nonostante tutto (laddove tutto sta per successo, fama, riconoscimenti) è assolutamente una persona disponibile, simpatico e conscio di avere un solo difetto: la fede milanista.
Piccola chicca: il giorno in cui ho intervistato Joe (lo scorso 26 settembre), mi ha detto in anteprima d’aver vinto il “Premio per la reinterpretazione dell’opera” nell’ambito dell’edizione 2011 del Premio De Andrè, che ritirerà il 7 ottobre. 

Come descriveresti il tuo nuovo album “Ho sognato troppo l’altra notte?”
E’ un viaggio personale dentro le due metà degli anni Sessanta. L’immaginario a cui ho attinto sono le suggestioni di artisti come Mina, Gaber, Tenco, la musica che faceva da colonna sonora di “Studio Uno” (un celebre programma televisivo degli anni Sessanta in onda sulla Rai, ndr) ma anche alle colonne sonore di Morricone e dei film Western dell’epoca. Un viaggio in questo splendido periodo ma con la consapevolezza di essere nel 2011. Ho cercato di scansare manierismo e citazionismo, perché non si tratta di un revival ma è la mia storia, il mio modo di vedere la musica. E’ stato un difficile lavoro di equilibri. Volevo che si sentisse un sapore forte di quei periodi, senza che però il tutto risultasse macchiettistico.

Tra i brani della tracklist ci sono anche due cover (“Se perdo anche te” e “Bang Bang”). Come mai hai scelto proprio questi brani?
Le due cover in realtà mi sono servite per dare delle coordinate ben precise all’album. Avevo bisogno di due pezzi di quel preciso periodo beat che intendevo raccontare. Da un punto di vista concettuale, ero partito con l’idea di iniziare con dei brani appartenenti a quel periodo. Poi la scelta è caduta proprio su questi due perché, come mi racconta spesso mia madre, quando ero piccolo passavo tantissimo tempo ad ascoltare musica dal mangiadischi e la canzone che sentivo più spesso era proprio “Se perdo anche te”. Quando poi ho sentito la versione originale di Neil Diamond “Solitary Man”, mi ha ricordato immediatamente qualcosa. Così ho deciso di riprenderla in mano, di lavorarci un po’ su. Produrre il disco non è stato semplice, tra l’altro è una cosa che avevo in programma di fare da molto tempo, dal 2003. Il problema dell’esperienza beat è che è naufragata perché la maggior parte delle band rifaceva successi internazionali ma gli autori che scrivevano i testi erano attenti più all’assonanza fonetica che al testo in se stesso. Quindi, se riascoltiamo questi brani adesso, ci accorgiamo che non funzionano più. Per questo motivo, ho anche riscritto alcuni testi, modernizzandoli ed attualizzandoli. In sostanza, ho cercato di far convivere le mie due passioni per il beat e il cosiddetto cantautorato genovese. Rispetto a questo, è anche importante tenere presente che il rock è nato proprio in quegli anni Sessanta, che è uno dei motivi per cui mi affascina così tanto questo periodo. Le band dell’epoca avevano un territorio vergine, più aperto alle sperimentazioni. A loro era concesso tutto, o quasi.

E a proposito di band, visto che siamo in argomento: se gli anni Sessanta era l’epoca dei cosiddetti “complessi”, adesso è l’era dei cantanti venuti fuori dai reality show. Tu che cosa ne pensi?
Penso che tra dieci anni non ci ricorderemo di nessuno di loro. Queste trasmissioni stanno distruggendo la musica. Il problema è capire che la tv è un fine, non un mezzo. Lo scopo dovrebbe essere fare musica, non diventare un personaggio televisivo. Personalmente, poi, sono lontano da questo genere di cose, anche perché nei confronti della musica mi sono sempre posto come un artigiano.

Rimanendo sempre in tema di giovani, c’è qualche artista o band emergente che ti piace o di cui apprezzi il lavoro?
Mi piacciono molto i Virginiana Miller e ho grande fiducia in loro, spero che riescano ad avere il successo che si meritano. Apprezzo molto anche i Non voglio che Clara, i loro due ultimi dischi sono stati molto belli.

Hai collaborato con parecchi artisti, sia in passato coi La Crus che nella tua attività da solista. C’è qualcuno con cui vorresti lavorare, ora come ora?
Con i Virginiana Miller (esclama convintissimo, ndr)! Spero veramente di fare qualcosa insieme, prima o poi. E mi piacerebbe lavorare anche con Vinicio Capossela. Ci conosciamo da anni e tra noi c’è reciproca stima, quindi è da tempo che vorrei collaborare con lui, anche se non so ancora bene su che cosa.

Cosa c’è nel tuo futuro immediato? Ti ritroveremo a Sanremo 2012?
Non credo. O meglio, se andassi a Sanremo sarebbe solo per una questione di marketing o per azzerare la dicotomia tra i La Crus e il mio nome, visto che adesso sto proseguendo da solista. Per il resto, prenderò parte allo spettacolo “Chelsea Hotel” dello scrittore Massimo Cotto. Oltre a me ci sarà proprio lui come voce narrante e Matteo Curallo a chitarre e pianoforte. La storia è quella del celebre “Chelsea Hotel” di New York e racconta diversi aneddoti accaduti tra quelle mura. L’hotel è stato un vero e proprio riferimento culturale per tutto il XX secolo, basti pensare che ha ospitato artisti come Patti Smith, Bob Dylan, Dylan Thomas. L’idea è partire dai vari eventi che hanno segnato l’hotel per poi raccontare la storia della musica rock. La sceneggiatura, poi, è veramente molto bella. Sembra un racconto fatto tra amici, la trovo veramente godibile. Per quanto concerne me, canterò diversi pezzi storici del più ampio respiro, dai Velvet Underground ai Ramones. Per il momento, sono previste soltanto poche date, in attesa del lancio effettivo dello spettacolo, che sarà nel 2012. 


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